L'Editoriale
CORRIERE - Spalletti: "Non è vero che Mertens non è rimasto per colpa mia, il nuovo Napoli punta su giovani forti, Raspadori potrebbe darci una grande mano, conto molto su Osimhen, può diventare il vero leader della squadra"
05.08.2022 08:53 di Napoli Magazine

CASTEL DI SANGRO - Luciano Spalletti, allenatore del Napoli, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera in cui ha parlato degli azzurri e del mercato:

 

"Il nuovo Napoli vira nella direzione dei giovani forti, nel ridimensionamento degli ingaggi e nella filosofia della sostenibilità. Attorno a noi avverto scetticismo, mi dispiace. Perché ce la stiamo mettendo tutta per farci trovare pronti. Grazie a un mercato che, entro certi confini, sia funzionale alle nostre esigenze. Dybala non è arrivato, sento dire qua e là. Il tentativo è stato fatto dalla mia società, poi devi fermarti quando ci sono gli steccati. Stiamo lavorando su un terreno già molto fertile: Kim, Kvaratskhelia si sono messi a disposizione e mi sembrano ricettivi. Lo sono tutti, anche i reduci dello scorso anno. Resta da vedere, strada facendo, quanto saranno stati bravi a recepire i contenuti che io e il mio staff proviamo a mettere in campo. Poi, non è mica finita qui".

 

Di mercato non parla quasi mai, ma se le dico Giacomo Raspadori?

 

"Le rispondo che non è un mio giocatore, che è un ragazzo che avrebbe tutte le caratteristiche per darci una mano. Giovane, forte, versatile in tutti i ruoli dell’attacco, intelligente e soprattutto educato. Ha personalità, e noi ne abbiamo persa un po’ nel passaggio da un ciclo all’altro. Vediamo, con lui saremmo nella giusta direzione. Sarebbe il sostituto naturale di Mertens".

 

A quel punto perché non è rimasto il belga così amato dai napoletani?

 

"Chiariamo: non sono stato io, non è stato il club a non volerlo con noi. Mertens avrebbe potuto darci una grande mano. Ma la società gli ha fatto una proposta e lui non ha accettato. Mi tengo fuori da queste dinamiche, ed è giusto così".

 

Milan, Inter, Juventus e le altre. Il Napoli dove si colloca?

 

"Tra queste, siamo pagati per produrre risultati. E ci proveremo. Non esiste una squadra forte sulla carta, le squadre sono tante cose insieme. Noi dobbiamo essere bravi a sopperire a qualche limite con la personalità e il gioco".

 

E' lei il leader?

 

"Sono i giocatori che devono esserlo. Osimhen è uno che può diventarlo. Ci punto".

 

Che tipo di rapporto ha con De Laurentiis?

 

"Diretto, frontale. E dunque vero. Per incontrarci a volte sono necessari compromessi caratteriali: a volte abbozzo io, altro volte lo fa lui. Siamo due persone forti".

 

"Dicono tutti che sono antipatico! È questa l’etichetta che mi hanno attribuito e ormai la tengo. Ma poi... perché? Sarà che del mio lavoro non parlo con nessuno, sarà forse per lo sguardo un po’ severo. Ma garantisco che sono una personcina per bene, al punto che mi sposerei!"

 

Cosa hanno in comune Spalletti e Napoli?

 

"Non sembri strano, ma è la natura a unire me e Napoli. Gli odori, i sapori anche. Ecco, sono sensazioni anche difficili a spiegare. Emozioni e sentimenti: la città mi sta conquistando così, mi riporta alle mie origini. Mi piacerebbe se diventasse più brava a interpretarci: la passione per il calcio è viscerale, unica. Ma ci sono momenti e momenti e non è che se si fa un campionato ad alti livelli, rompendo anche il clima di depressione che ho trovato quando sono arrivato, poi se non vinci lo scudetto non hai fatto nulla, anzi per qualcuno hai fallito. Sono stato il primo a coltivare l’ambizione di vincere, ho alzato l’asticella nel mio spogliatoio per accrescere l’autostima dei calciatori. Siamo riusciti a fare grandi cose, con quasi mezza squadra con il contratto a scadenza. Ragazzi che ringrazio per la professionalità dimostrata fino all’ultimo minuto. Bravi veramente".

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di Napoli Magazine

05/08/2024 - 08:53

CASTEL DI SANGRO - Luciano Spalletti, allenatore del Napoli, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera in cui ha parlato degli azzurri e del mercato:

 

"Il nuovo Napoli vira nella direzione dei giovani forti, nel ridimensionamento degli ingaggi e nella filosofia della sostenibilità. Attorno a noi avverto scetticismo, mi dispiace. Perché ce la stiamo mettendo tutta per farci trovare pronti. Grazie a un mercato che, entro certi confini, sia funzionale alle nostre esigenze. Dybala non è arrivato, sento dire qua e là. Il tentativo è stato fatto dalla mia società, poi devi fermarti quando ci sono gli steccati. Stiamo lavorando su un terreno già molto fertile: Kim, Kvaratskhelia si sono messi a disposizione e mi sembrano ricettivi. Lo sono tutti, anche i reduci dello scorso anno. Resta da vedere, strada facendo, quanto saranno stati bravi a recepire i contenuti che io e il mio staff proviamo a mettere in campo. Poi, non è mica finita qui".

 

Di mercato non parla quasi mai, ma se le dico Giacomo Raspadori?

 

"Le rispondo che non è un mio giocatore, che è un ragazzo che avrebbe tutte le caratteristiche per darci una mano. Giovane, forte, versatile in tutti i ruoli dell’attacco, intelligente e soprattutto educato. Ha personalità, e noi ne abbiamo persa un po’ nel passaggio da un ciclo all’altro. Vediamo, con lui saremmo nella giusta direzione. Sarebbe il sostituto naturale di Mertens".

 

A quel punto perché non è rimasto il belga così amato dai napoletani?

 

"Chiariamo: non sono stato io, non è stato il club a non volerlo con noi. Mertens avrebbe potuto darci una grande mano. Ma la società gli ha fatto una proposta e lui non ha accettato. Mi tengo fuori da queste dinamiche, ed è giusto così".

 

Milan, Inter, Juventus e le altre. Il Napoli dove si colloca?

 

"Tra queste, siamo pagati per produrre risultati. E ci proveremo. Non esiste una squadra forte sulla carta, le squadre sono tante cose insieme. Noi dobbiamo essere bravi a sopperire a qualche limite con la personalità e il gioco".

 

E' lei il leader?

 

"Sono i giocatori che devono esserlo. Osimhen è uno che può diventarlo. Ci punto".

 

Che tipo di rapporto ha con De Laurentiis?

 

"Diretto, frontale. E dunque vero. Per incontrarci a volte sono necessari compromessi caratteriali: a volte abbozzo io, altro volte lo fa lui. Siamo due persone forti".

 

"Dicono tutti che sono antipatico! È questa l’etichetta che mi hanno attribuito e ormai la tengo. Ma poi... perché? Sarà che del mio lavoro non parlo con nessuno, sarà forse per lo sguardo un po’ severo. Ma garantisco che sono una personcina per bene, al punto che mi sposerei!"

 

Cosa hanno in comune Spalletti e Napoli?

 

"Non sembri strano, ma è la natura a unire me e Napoli. Gli odori, i sapori anche. Ecco, sono sensazioni anche difficili a spiegare. Emozioni e sentimenti: la città mi sta conquistando così, mi riporta alle mie origini. Mi piacerebbe se diventasse più brava a interpretarci: la passione per il calcio è viscerale, unica. Ma ci sono momenti e momenti e non è che se si fa un campionato ad alti livelli, rompendo anche il clima di depressione che ho trovato quando sono arrivato, poi se non vinci lo scudetto non hai fatto nulla, anzi per qualcuno hai fallito. Sono stato il primo a coltivare l’ambizione di vincere, ho alzato l’asticella nel mio spogliatoio per accrescere l’autostima dei calciatori. Siamo riusciti a fare grandi cose, con quasi mezza squadra con il contratto a scadenza. Ragazzi che ringrazio per la professionalità dimostrata fino all’ultimo minuto. Bravi veramente".